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Un nuovo modo di vedere le lingue

Le parole spesso sono viste come i mattoni delle lingue. Ma da bambini non impariamo liste di parole come potrebbe accadere in un corso di lingua. Impariamo stringhe lunghe di suoni e solo una volta cresciuti siamo in grado di dividerle nelle singole parole di cui si compongono.

Uno dei problemi cui ci troviamo di fronte nell’attuale teoria su come funzionano le lingue è che queste stringhe non vengono mai prese in considerazione.

Nella sua ricerca, Michael Hoey, linguista e professore di lingua inglese, ha fatto ipotesi basandosi sull’evoluzione biologica ed evoluzionaria proposta e portata avanti dal biologoRichard Dawkins riguardo i memes. Attraverso di essi, egli ha suggerito un nuovo modo di guardare al linguaggio. Nel suo modo di vedere, i pezzi di un nuovo linguaggio possono prendere forma attraverso le persone allo stesso modo di come si comporta un gene mutante in biologia.

Facciamo un esempio: la selezione naturale si basa su una costante di mutazioni genetiche variabili. Quelle che riescono a combinarsi in un organismo hanno maggiori possibilità di sopravvivere, riprodursi e diventare così sempre più comuni col passare del tempo.

Una cosa simile accade al linguaggio nel corso del tempo, e questo è ciò che lo studioso ha potuto riscontrare quando ha iniziato a pensare a questi memes.

Se si chiede oggi a dei giovani studenti cosa sia un meme, essi tenderanno a pensare esclusivamente a quelli divertenti che si trovano su internet. Fu invece proprio il DottorDawkins per la prima volta, nel 1976, a coniare questo termine in riferimento ad una unità di cultura, un’idea, comportamento o stile di vita condivisibile dalle persone, in modo che possa essere appresa, insegnata e modificata nel corso del tempo.

Dawkins spiega tutto ciò prendendo come esempio la musica o i modi di assemblare un oggetto. Se una persona, all’interno di una comunità, è a conoscenza di un ottimo modo per creare ad esempio una pentola, quella persona potrà insegnare alla sua comunità quell’idea base – il meme appunto – per divulgare la conoscenza attraverso le generazioni.

La stessa cosa vale per come ci si esprime.

Nuovi modi di dire e formule si diffondono all’interno di una comunità se le persone all’interno della stessa ritengono tali espressioni utili, divertenti o se in qualche modo esse migliorano la loro vita; in questo modo essi possono continuare ad utilizzarle ed a modificarle poi a loro volta.

Se un’espressione confonde le persone o rende la persona che pronuncia tale formula strana agli occhi degli altri, molto presto quell’espressione sparirà dal pool genetico lessicaledella comunità. Lo stesso vale per le singole parole, e più lentamente, anche per le strutture grammaticali.

L’innesco lessicale

Questo lavoro è stato ampiamente influenzato da una nuova teoria del linguaggio pubblicata nel 2005 sul così detto innesco lessicale (“lexical priming” in inglese).

La teoria discute del fatto che ogni persona ha immagazzinato in sé un certo quantitativo di lingue cui è stato esposto e, in qualche modo, sappiamo che le parole che ci rimangono più impresse ed usiamo, provengono dall’ascolto o dalla lettura di cose che ci piacciono; così come allo stesso modo tendiamo ad ignorare quelle che provengono da cose, situazioni o persone che non ci piacciono.

Cercando di trovare un modo per spiegare questa teoria ai suoi studenti, Hoey ha notato una riga in un compito di uno di loro che lo ha ispirato.

 La studentessa in questione aveva incontrato un suo collega per la prima volta ed in quelle righe stava spiegando le sue prime impressioni al riguardo. La riga recitava: “è un ragazzo molto gentile”. Qualcosa non sembrò del tutto corretto  ad Hoey riguardo quella struttura, anche se in effetti non c’era nulla di strano grammaticalmente parlando.

Ora, se cerchiamo di attingere ad un più ampio database del parlato quotidiano, sembrerebbe che, in generale, l’uso più comune sia quello di esprimersi dicendo “un ragazzo figo” oppure “un ragazzo carino”. Non verrebbe mai da dire ” un ragazzo gentile”.

Un ulteriore esempio? Sappiamo tutti che la parola “Brexit” ha preso piede grazie ai suoi più recenti utenti, facendo letteralmente il giro del mondo…

La ricerca di Hoey dimostra realmente l’importanza delle parole in un modo completamente diverso dal passato. Esistono di fatto dei chiari processi psicologici che guidano l’uso del nostro linguaggio attraverso il subconscio.

Chi si trova a studiare una lingua è probabile che pensi spesso di poter scegliere senza alcuna differenza nomi, verbi o aggettivi poiché il senso dell’enunciato prodotto rimarrà lo stesso. Nulla di più sbagliato. Ogni uso che facciamo della lingua porta o può portare ad una sua modifica radicale.

La ricerca proposta per altro ha applicazioni anche sul linguaggio di internet. Lo possiamo vedere tutti i giorni. La lingua si modifica in tutto il mondo in conseguenza alla possibilità di interazione al secondo che oggi è una realtà grazie alla tecnologia ed ai social media in particolare. Tutto ciò influenza notevolmente ogni lingua del mondo.

Quotidianamente le persone si confrontano sulla scelta delle parole. Ti è mai capitato di chiedere ad un tuo amico se l’email che hai scritto va bene, prima di inviarla? E così discutete sul termine migliore da utilizzare, della scelta più giusta, del termine che vi piace di più o di meno, su parole che sono più simpatiche, taboo o sessiste…

In questo modo capita che, senza neanche rendercene conto, modifichiamo ciò che le future generazioni diranno.

Vale la pena allora tenere a mente che la prossima cosa che dirai o scriverai a qualcuno, ciò potrà influenzare il vocabolario delle generazioni che vivranno tra 1000 anni.

Quindi…fai in modo che si tratti di qualcosa di positivo… 

(da weforum.org)

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